Tari' Magazine - A Capua rivive una storia millenaria

 

Il Museo Provinciale Campano di Capua, fondato dal canonico Gabriele Iannelli nel 1870 ed inaugurato nel 1874 con un mirabile discorso dell’Abate Luigi Tosti è uno dei tesori più preziosi del patrimonio culturale della provincia di Caserta.

E’ stato definito da Amedeo Maiuri, tra i maggiori esperti dell’archeologia campana, “il più significativo della civiltà italica della Campania”, regione a cui Capua ha dato il nome. Il Museo, di proprietà della provincia di Caserta, che sotto la guida del presidente Giorgio Magliocca ne ha avviato un importante progetto di valorizzazione, è ospitato nello storico palazzo Antignano la cui fondazione risale al IX secolo.

Nella varietà e vastità del patrimonio archeologico, storico, artistico e librario che ospita è lo specchio fedele ed eloquente della trimillenaria vita di una metropoli che ha visto avvicendarsi nella sua duplice sede, di volta in volta, Osci, Etruschi, Sanniti, Romani, Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Spagnoli e così di seguito. I reperti che accoglie, di valore incalcolabile, sono tuttora oggetto di acute ed accurate indagini da parte di personalità culturali di alta qualificazione scientifica. II Museo è diviso in due reparti: Archeologico e Medievale con annessa un'importante Biblioteca; occupa 32 sale di esposizio- ne, alcuni depositi, tre grandi cortili, un vasto giardino.

A sinistra del cortile (dalla V alla IX sala) è ospitata la collezione delle "Madri", la più singolare e preziosa del Museo Campano, tra le più rare che Musei italiani e stranieri possano vantare. Nell'anno 1845, in prossimità dell'antica Capua, vennero alla luce i resti di una grande ara votiva con fregi architettonici, iscrizioni in lingua osca e statue in tufo. Dal 1873 al 1887 emerse dagli scavi archeologici un numero considerevole di statue in tufo riproducenti quasi tutte una donna  seduta con uno  o più bambini tra le braccia. La tesi che nel luogo dei ritrovamenti fosse esistito un tempio fu avvalorata dal fatto che tra le sculture solamente una differiva dalle altre per la spiccata sua impronta ieratica: invece di reggere neonati tra le braccia aveva nella mano destra una melagrana e nella sinistra una colomba, simboli della fecondità e della pace. Quella sola, dunque, doveva rappresentare la dea tutelare del tempio dedicato alla maternità. La dea era la  "Mater  Matuta",  antica divinità italica dell'aurora e della nascita e le "madri" rappresentavano "ex voto": offerte propiziatorie ed espressioni di ringraziamento per la concessione del sommo bene della fecondità. Nella sala dei mosaici spicca il "coro sacro", proveniente dal Tempio di Diana Tifatina (Sant'Angelo in Formis), di epoca Costantiniana (III secolo d.C.). Alla collezione vascolare appartengono vasi di ogni genere ed epoca, provenienti da zone differenti di sviluppo del- la cultura osco-campana e delle altre culture ivi attive nei secoli. Altra collezione imponente del museo é rappresentata dalla raccolta di terrecotte, di cui la maggior parte del VI-V secolo a.C., epoca della cultura italiota campana. Il reparto medievale conserva infine sculture dell'epoca di Federico II di Svevia, tra le quali i resti della monumentale Porta Roma in Capua (1234- 1240)