Tari' Magazine - Genderless

Dall’unisex al gender fluid: è proprio la moda che ha reso superfluo il concetto di genere, all’insegna di un gusto personale che non è né maschile, né femminile. Ma può essere entrambi.

Chi pensa che vestirsi differentemente dai canoni comuni per il proprio genere sia contro natura, si imbatte in un grande fraintendimento giacché non c’è nulla di naturale nell’abbigliamento e ancor meno nei principi che diversificano  i capi  da uomo e quelli da donna: la moda gender neutral, attualmente in auge, esiste in realtà da sempre.

L’età vittoriana è il momento storico più conservatore dal punto di vista dei costumi, in  cui  i ruoli  di genere si sono rafforzati e radicati profondamente.

È questa l’epoca in cui la moda maschile si allontana nettamente da quella femminile, in nome del consueto principio naturalistico. Prima di questo momento uomini e donne si sono vestiti allo stesso modo, o con piccole variazioni, per secoli.

Finita l’era vittoriana ci fu una sorta di cortocircuito durante il quale i ruoli cambiarono e di conseguenza i costumi: fu introdotta la “tuta” che doveva essere realizzata con un pezzo unico di stoffa ed essere uguale per tutti, uomini e donne.

La moda reinventa codici e modelli di stile

 

Il resto è storia: Coco Chanel che cammina in riva al mare con i pantaloni dell’amante, Marlene Dietrich con lo smoking nel film Marocco. Tante piccole rivoluzioni che hanno declinato la moda femminile in quella maschile, ma non viceversa.

Il termine “unisex” nasce negli  anni  ‘60 ed è legato agli stilisti della cosiddetta “Space Age”: Pierre Cardin, Andre Courreges e Paco Rabanne. Fa riferimento non tanto alla fluidità di genere, quanto più ad una nuova idea di femminilità, più androgina.

Le tendenze unisex del secolo scorso, per quanto d’avanguardia, si sono concentrate  di  più  sulla  liberazione  della  donna:  blue jeans e t-shirt sono stati semplicemente condivisi con il guardaroba maschile.

Lo stile senza genere ha un famoso pioniere, Giorgio Armani, che già a partire dagli anni Settanta ha seguito questa filosofia:

«Elimino le differenze tra uomo e donna. Ho dato all’uomo la scioltezza e la morbidezza della donna, e alla donna l’eleganza e il comfort dell’uomo».

Nel 1984 Jean Paul Gaultier scandalizzò le passerelle di Parigi con la collezione “Men in Skirts” in cui gli uomini sfilarono con gonne di ogni forma e dimensione, da quelle aderenti per l’ufficio a quelle più pompose da gran soirée.

Eppure nel 2019, mentre non c’è nulla di rivoluzionario in una donna che indossa i pantaloni, ci si scandalizza se Jaden Smith indossa una minigonna nella pubblicità di Louis Vuitton.

Nelle ultime stagioni lo stilista che ha sviluppato con tenacia l’idea della moda gender free è Alessandro Michele, direttore artistico di Gucci che ha portato in passerella un tailleur pantalone di tessuto fiorato in versione per lui e per lei, con le sole differenze di taglio. Nella collezione da uomo di Burberry si sono viste camicie di pizzo da portare con la cravatta.

Il mondo del fashion si avvia sempre di più a riaffermare nuovamente il gender neutral per una moda aperta, free e inclusiva.

Sfilate miste e modelli queer hanno ormai conquistato non solo i marchi più all’avanguardia, ma anche i grandi retailer come Zara o H&M. I reparti di abbigliamento maschile e femminile diventano sempre più indistinguibili e i capi senza connotazioni di genere ottengono l’imprimatur del mainstream quando queste aziende del fast fashion lanciano le loro collezioni agender.

Le persone che non si rispecchiano nell’uno o nell’altro genere, o che più banalmente non condividono i vestiti socialmente accettati, hanno sempre di più a disposizione una grande scelta di abiti conformi a ogni tipologia di corpo e occasione.

La storia del costume ci conferma che questo non è un trend passeggero, ma una strada a cui la moda tende da sempre, in un modo o nell’altro.

Solo il pregiudizio ha sancito che gli uomini non possano indossare le gonne: i corpi sono ovviamente diversi, ma voler stabilire una volta per tutte cosa vada bene e cosa no per l’uno o per l’altro è una pretesa che non ha motivo di essere. •